Mario Cavaglieri
(
Rovigo 1887 -
Peyloubère
F 1969 )
Nato a Rovigo il 10 luglio 1887, in una famiglia tranquilla
e colta, è’ il profilo classico di un’infanzia e di una adolescenza
privilegiate e la vita di un giovane fortunato che si orienta ben presto
verso le esperienze artistiche, abbandonando gli studi giuridici
all’Università di Padova. Dall’età di venti anni, comincia a esporre a
importanti manifestazioni pittoriche, a Roma, a Venezia, a Milano. Con
sequenze immediatamente identificabili per l’ispirazione, i temi, i
formati, la tecnica, dopo i primi cartoni di piccole dimensioni degli
anni della giovinezza, a partire dal 1906, la sua tavolozza si
amplifica. Negli ‘anni brillanti’ dal 1913 al 1920 egli afferma una
tecnica molto personale negli impasti di colore per una pittura di
società, ambientata in raffinati interni.
Il filo conduttore della sua esperienza è la presenza di Giulietta, che
egli frequenta dal 1911, e che sposerà nel 1921 a Piacenza. Durante il
periodo piacentino, l’esistenza del pittore si divide tra esposizioni e
mondanità. Ma in questo percorso lineare risalta immediatamente
l’importanza di una data, il 1925: è la cesura nella vita di Cavaglieri,
il trasferimento in Francia che assomiglia molto ad un esilio volontario
e improvviso.
In Francia il ritmo della vita cambia, nella campagna del Gers, ove
prendono dimora, Cavaglieri e sua moglie riformano rapidamente intorno a
loro un cerchio di relazioni, questa volta molto più mondane che
artistiche ad eccezione della frequentazione con Filippo de Pisis. In
questo semi-ritiro volontario, Cavaglieri, pittore in libertà, scopre i
temi agresti e i colori del tempo. Dipinge ogni giorno senza altro
bisogno che dipingere, in un clima di spensieratezza che solo gli anni
della guerra infrangeranno. Allora, infatti, nella sua doppia identità
di ebreo e di italiano, decide di partire per l’Italia, ove si crede
protetto. Ma presto arrivano momenti tragici: gran parte della sua
famiglia viene deportata, mentre egli è obbligato ad errare di città in
città. Al suo ritorno in Francia, nel 1946, continua a vivere come un
tempo, ma lontano dal circolo di relazioni mondane che nel frattempo si
è disperso. Trova la felicità nella pratica quotidiana della sua arte,
senza curarsi delle contingenze materiali. Anche se ha rinunciato alle
frivole mondanità una energia nuova lo anima e continua a dipingere con
ardore. Cedendo all’attrazione della vita culturale di Parigi, vi si
reca durante l’inverno, frequentando quotidianamente musei, esposizioni
e concerti. Poi Peyloubére sembra bastare alla sua serenità; il pittore
trascorre le sue giornate in mezzo alla natura, ai libri, alle opere
d’arte, accanto a Giulietta e ad alcuni amici fedeli. Il giorno del suo
ottantunesimo compleanno, il 10 luglio 1968, vengono poste le basi per
una retrospettiva al museo degli Agostiniani di Tolosa, l’unica voluta
dal pittore, purtroppo inaugurata solo nel 1974. Cavaglieri, dopo una
giornata come tante altre dedicata al disegno e alla pittura, si spegne
serenamente nella sua casa di Peyloubère l’11 settembre 1969.