Giuseppe Pellizza da Volpedo
(1868-1907)
Giuseppe Pellizza nacque nel
1868 a da una coppia di piccoli proprietari terrieri che
commercializzavano i loro prodotti nell'area dell'alessandrino e a
Milano. Fu proprio grazie a questa attività che i Pellizza entrarono in
contatto con personaggi di primo piano della cultura milanese
dell'Ottocento, come i fratelli
Grubicy,
mercanti d'arte che sostenevano l'arte contemporanea. Alberto Grubicy
giocò un ruolo fondamentale nella vita di Giuseppe, aiutandolo a
coltivare la sua naturale predisposizione al disegno e ad iscriversi,
dopo aver terminato le scuole a Castelnuovo Scrivia, all’accademia di
Brera.
Nel periodo degli studi a
Milano Giuseppe frequentò lo studio del pittore Giuseppe Puricelli,
attento alla pittura di verità e di natura e successivamente quello di
Pio Sanquirico, altro pittore importante nella Milano degli anni
Settanta; si iscrisse inoltre alla "Famiglia Artistica", un'associazione
culturale che accompagnava l’iter accademico di formazione degli
artisti.
Terminato il tirocinio
milanese sotto la guida di illustri maestri (come Francesco Hayez e
Giuseppe Bertini), Pellizza decise di andare a Roma nel 1887. Si
iscrisse prima all'Accademia di San Luca, e successivamente
all'Accademia di Francia che era stata nel corso del Settecento e per
tutto l'Ottocento meta degli artisti francesi che giungevano a Roma.
Non soddisfatto
dell’esperienza romana, Pellizza si recò a Firenze nel 1888, dove
frequentò l'Accademia di Belle Arti, trovando un ottimo maestro in
Giovanni Fattori ed un ambiente culturalmente ricco e vivace. Firenze
infatti era un'indiscussa capitale artistica di dimensione
internazionale, meta di molti artisti, soprattutto inglesi, e sede di
importanti istituzioni culturali, come il Gabinetto Vieusseux.
Alla fine dell'anno
accademico, tuttavia, egli lasciò Firenze per tornare a Volpedo, pronto
ormai, secondo il giudizio dello stesso Fattori, ad affrontare la
pittura dal vero attraverso lo studio della natura.
Per perfezionare
ulteriormente la sua tecnica si recò nel 1889 a Bergamo, dove
all'Accademia Carrara insegnava pittura il famoso ritrattista Cesare
Tallone, che seguiva con passione i propri allievi. Pellizza frequentò
per due anni i suoi corsi, accolto come allievo particolare del maestro
avendo superato i limiti di età, e acquisì la sicurezza che gli mancava
nel disegno dal vero della figura umana e del nudo.
Nel dicembre del 1889
Pellizza intraprese il suo primo viaggio a Parigi in occasione
dell'Esposizione Universale. Fu un viaggio assai importante per
l’arricchimento del suo bagaglio artistico, ma fu bruscamente interrotto
per la morte della sorella Antonietta.
Nello stesso anno Pellizza
frequentò per un breve periodo l'Accademia Ligustica a Genova, per
perfezionarsi nello studio del paesaggio, dove rivide l'amico livornese
Plinio Novellini.
Giunto al termine di
questo tirocinio Giuseppe decise di fermarsi a vivere e lavorare a
Volpedo. Tale decisione fu consolidata dal matrimonio contratto nel 1892
con la diciassettenne Teresa Bidone. Da quell’anno inoltre cominciò ad
aggiungere al suo cognome quel "da Volpedo" che finì per connotare
costantemente la sua firma.
Iniziò ad inviare i suoi quadri
alle prime esposizioni importanti e ben presto divenne conosciuto e
cominciò a viaggiare per l'Italia al seguito delle sue opere, recandosi,
dopo Milano, ad esempio a Genova nel 1892 per la grande mostra
celebrativa della scoperta dell'America, e quindi di nuovo a Milano nel
1894 per la seconda Triennale ottenendo importanti riconoscimenti. I
suoi viaggi gli permisero di confrontarsi con altri pittori che avevano
adottato la tecnica
divisionista,
soprattutto
Segantini,
Morbelli e Longoni.
Convinto che l'ormai
raggiunta perizia tecnica dovesse accompagnarsi ad una altrettanto
approfondita preparazione intellettuale, tra il 1893 e il 1894 Pellizza
stette per alcuni mesi a Firenze per frequentare l'Istituto di Studi
Superiori ed ampliare così la sua cultura storica ed umanistica.
Nel 1896 fece poi un viaggio
a Roma e a Napoli, mentre tra il1892 e il 1897 si recò costantemente a
Torino, Milano e Venezia in occasione delle più importanti rassegne
pittoriche nazionali, stringendo nuove amicizie, ad esempio con i
piemontesi Leonardo Bistolfi e Giovanni Cena, con cui Pellizza
condivideva aspirazioni ed inclinazioni artistiche.
In questi anni Pellizza,
abbandonando la semplice ripresa dal vero, cominciava ad orientarsi
verso un'arte di tipo simbolista. Nel 1900 egli poté ritornare a Parigi
per l'Esposizione Internazionale cui partecipava anche il suo “Specchio
della vita”, che si impose
come un'opera cardine nelle discussioni sul simbolismo.
Nel 1902 espose “Il
quarto stato” alla
Quadriennale torinese senza ottenere un grande successo. I grandi temi
della giustizia sociale, dell'uguaglianza e della libertà che il quadro
rappresentava innescarono infatti una serie di polemiche e crearono un
certo sconcerto tra gli osservatori. “Il quarto stato” non si prestava
certo a facili strumentalizzazioni, cosicché deluse sia chi pensava che
sarebbe stata un'opera assolutamente idealistica, sia chi l'avrebbe
invece voluta più esplicitamente schierata. Tali polemiche allontanarono
da Pellizza gli amici di sempre, si ritrovò quindi a dover ricostruire
una vita di relazioni, tanto più che nel frattempo era morto Segantini,
a lungo suo punto di riferimento ideale.
Tra il 1903 e il 1904 egli
riprese i rapporti con qualche piemontese, in particolare Matteo Olivero
e Giovanni Cena. Cena era corrispondente di vari giornali italiani da
Londra, dove aveva vissuto tra 1902 e 1904, e aveva interessi affini a
quelli di Pellizza: era vicino alle classi popolari senza essere
ostinatamente populista, aveva una cultura umanistica di grande respiro
e mostrava interesse anche per il simbolismo.
In questi anni Pellizza non
viaggiò molto, fino al 1904, quando decise di intraprendere un viaggio
in Engadina, nei luoghi di Segantini, dedicandosi alla pittura di
paesaggio; sentiva infatti il bisogno di riflettere maggiormente
sull'opera di Segantini, perciò volle andare a visitare le alte vette
che avevano spesso ispirato l'artista ormai scomparso.
Nel 1906 si recò nuovamente
a Roma, dove riuscì a vendere alcune sue opere, infatti, anche se aveva
esposto con continuità i suoi quadri nei primi anni del '900, non aveva
venduto quasi nulla, tranne qualche ritratto eseguito su commissione.
Nello stesso anno vendette altre due opere, di cui una allo stato, in
occasione dell’esposizione di Milano.
Quando sembrava che per Pellizza stesse iniziando un nuovo periodo
fortunato,coronato
dal riconoscimento della validità delle scelte di arte e di vita
da lui perseguite con tenacia, la sua vita fu sconvolta dalla morte,
in conseguenza di un parto
sfortunato, del figlio terzogenito e dell'amatissima moglie.
Tali eventi causarono una profonda depressione all'artista, che si tolse
la vita nel proprio studio la mattina del 14 giugno
del 1907.