Gino Boccasile
( Bari 14 luglio 1901 - Milano
10 maggio 1952 ).
Gino Boccasile era nato nel
centro di Bari, in via Quintino Sella, il 14 luglio 1901. La
famiglia Boccasile era composta da Angelantonio Boccasile,
rappresentante di profumi, e dalla moglie Antonia Ficarella.
La prima giovinezza dell’artista fu segnata da un terribile
episodio, la perdita di un occhio: Gino era andato a giocare
con gli amici in un cantiere edile e una goccia di calce
viva lo colpì nell’occhio sinistro, mentre stava bevendo ad
una fontanella. Dopo aver manifestato una precoce attitudine
per il disegno terminò gli studi presso la scuola d’Arti e
Mestieri nella città natale. Alla morte del padre, anche per
evitare di pesare sulla madre, decise di lasciare Bari e si
trasferì a Milano. Dopo qualche difficoltà iniziale la sua
abilità grafica lo aiuta ad essere assunto nello studio
grafico Mauzan-Morzenti, dove inizia a disegnare anche
figurini e modelli d’abiti da donna. Subito impone il suo
stile personalissimo: le vetrine che espongono i suoi lavori
sono affollate dalle signore che ne decretano successo e
notorietà. “La Gazzetta del Mezzogiorno”, in una nota del 13
giugno 1929 del corrispondente milanese, faceva conoscere ai
baresi quanto fosse diventato famoso il loro concittadino,
impostosi nel campo della moda. Fra l’altro diceva: “… ora
la tecnica e la moda impongono i grandi cartoni disegnati e
coloriti da maestri, così pieni di movimento, che il
pubblico si sofferma a guardarli con visibile compiacimento.
In quest’arte che si dice difficile per la misura e il tono,
a Milano, ha conquistato il primo posto, il pittore barese
Boccasile, ormai arbitro delle eleganze figuriste della
capitale della Lombardia”. Dopo l’articolo apparso su “La
Gazzetta” gli organizzatori della prima Fiera del Levante
del 1930 gli commissionarono una serie di cartoline per
commemorare l’avvenimento. Ora Boccasile è abbastanza
conosciuto e può contare su un largo pubblico d’ammiratori.
I suoi disegni sono riprodotti su numerose riviste
specializzate “Sovrana”, “l’Illustrazione”, “Fantasie
d’Italia”, dettando legge nei gusti delle donne, ma anche
illustrando nelle stesse, novelle e racconti.
Rispetto alla vita
grama degli inizi milanesi le cose andavano meglio, ma i
suoi obiettivi erano altri. Per richiesta di Achille Mauzan
che si era trasferito e che rimarrà in sud America per molti
anni, decide di partire per l’Argentina, ma il soggiorno a
Buenos Aires dura poco. Gino Boccasile,
Gi Bi come
si firmava e come lo chiamavano gli amici, aveva conosciuto
la sua futura sposa, Alma Corsi, che gli avrebbe dato 2
figli: Bruna e Giorgio. Subito dopo il rientro a Milano,
riparte per Parigi. Qui realizza alcune eccellenti copertine
della rivista “Paris Tabou” e gli viene dedicata una
personale. Espone anche un paio di quadri al Salon des
Indèpendants nel 1932. Anche il soggiorno nella capitale
francese dura poco. Rientrato a Milano, costituisce con
l’amico Franco Aloi un’agenzia di pubblicità, la “Acta” in
Galleria del Corso, dando finalmente sfogo alla sua vena
creativa, quell’incredibile potenziale comunicativo di cui
era dotato e che non avrebbe avuto pari. La genialità del
suo tratto, delle sue immagini, riuscivano ad attrarre il
frettoloso passante e a comunicargli in un attimo il
messaggio per cui erano state create. Una comunicazione
visiva di pronta presa con i personaggi che, ancora oggi,
sembrano balzare, esplodere dal manifesto.
Forte di queste
innate qualità e della dura gavetta fatta, inizia l’attività
di grafico ed illustratore collaborando con i periodici
La Donna (1932),
Dea e La Lettura (1934),
Bertoldo (1936), Il Milione
(1938), L’Illustrazione del Medico (1939),
Ecco, Settebello e
Il Dramma (1939) e disegnando molte copertine di
libri per gli editori Mondadori e Rizzoli. Per l’editore
Mondatori illustra svariati volumi della serie
Romanzi della Palma e realizza le copertine dei
Romanzi di Cappa e Spada. Adesso è affermato
illustratore, caricaturista e cartellonista pubblicitario
autodidatta, ma la popolarità arriva con la
Signorina Grandi Firme. La ragazza che apparve sulle
copertine dai toni rosa pastello della rivista Le
Grandi Firme, periodico
letterario fondato e diretto da Pitigrilli (Dino Segre) e
trasformato in rotocalco settimanale da Cesare Zavattini
(all’epoca direttore editoriale della Mondadori) dopo la
vendita della testata ad Arnoldo Mondadori. Tra i
collaboratori vi è Rino Albertarelli, il quale chiese
all’amico Gibì di realizzare un bozzetto per la copertina
della nuova rivista. Zavattini, appena visionata la creatura
di Boccasile, si rende conto di aver trovato quello che
cercava. Dall’aprile 1937 al settembre 1938 (quando la
testata fu soppressa dal governo) il successo fu davvero
notevole, la Signorina Grandi Firme entrò nel patrimonio
culturale comune degli italiani (l’omonima canzone ed un
concorso la renderanno ancora più popolare); il disegnatore
riuscirà a disegnarne anche qualche breve striscia
umoristica prima della forzata interruzione. Le donne
disegnate da Boccasile avevano delle caratteristiche
abbastanza precise. Cosce tornite erano sostenute da
esilissime caviglie. Glutei perfetti e giunonici coronavano
vitini di vespa piccolissimi: le caratteristiche forme che
colpiscono le “valvole mascoline” come lui stesso definiva
gli impulsi erotici. Antonio Faeti le descrive così: “Le sue
donne escono dagli inibenti confini di raso, della seta,
delle lane di cui sono fasciate, poiché sembrano
letteralmente in procinto di far esplodere le superfici tese
e lucenti sotto cui s’indovina una carne prepotente e soda,
compatta e tersa come il marmo di una statua”.
Le sue modelle
venivano dalla strada: l’artista le incontrava in tram o in
piscina a Milano. In un’intervista Boccasile affermava: “… a
proposito delle mie copertine, molti si domandano dove trovo
modelle con così belle gambe, ho già detto che considero le
gambe come la cosa più importante nella donna, per me il
corpo femminile non è altro che il resto delle gambe”. A
proposito della sua passione per il gentil sesso,
nell’articolo Io e le donne
apparso su Le Grandi Firme del 1 luglio 1937
affermava: “Sono un pittore ottimista, perché vedo la vita
dal suo lato più suggestivo: le belle donne… Nulla è più
eloquente di un paio di belle gambe”. Disegna, oltre alle
copertine di Le Grandi Firme,
manifesti pubblicitari e cartoline per l’agricoltura, la
tutela del risparmio, il lavoro, le associazioni
combattentistiche con persone di fattezze forti, gioiose e
vigorose tipiche del suo stile. Siamo ancora nel periodo
pacifico delle grandi riforme agrarie, delle imponenti
bonifiche e della volontà del regime di raggiungere
l’autosufficienza alimentare: i committenti sono le
Compagnie Assicuratrici contro il pericolo di grandine e
incendio, le Casse rurali, le associazioni agricole.
Sicuramente Boccasile in
questo tipo di lavori ha da parte dei committenti meno
libertà d’espressione che in quelli pubblicitari, ma anche
in questi lavori lascia il segno. Con lo scoppio del
conflitto, complice il Ministero della Guerra che lo designa
grafico propagandista, la sua opera si orienta verso la
propaganda bellica: tocca a Gino Boccasile disegnare i
nostri combattenti, le nostre armi, le gesta dei soldati.
Dalle esaltanti vittorie iniziali alle prime dure sconfitte:
il duca D’Aosta, seppure con l’onore delle armi, deve porre
fine all’eroica resistenza all’Amba Alagi, e Boccasile gli
dedica il manifesto “Ritorneremo”. Siamo nel 1942, le truppe
italo-tedesche sono in marcia verso Mosca. Viene pubblicata
una serie di dodici cartoline a firma Boccasile che
descrivono le atrocità dei bolscevichi e le sofferenze del
popolo russo oppresso dal regime comunista: sono le
cartoline più crude dell’intera produzione di Boccasile.
A Milano, dopo l’8
settembre, Boccasile non esita: aderisce alla Repubblica
Sociale Italiana ed ottiene un incarico presso l’ufficio
propaganda. Viene nominato tenente delle SS italiane e
continua incessantemente a produrre manifesti in uno studio
protetto da militi armati. L’odio cresce e la guerra civile
divampa: Boccasile non ammorbidisce le sue posizioni
politiche ma anzi le radicalizza. I suoi manifesti parlano
da soli: nessuna pietà per traditori e ribelli, resistenza
armata all’invasore anglo-americano unico mezzo per
riscattare l’onore dell’Italia infangato dal tradimento.
Sembra che sia lo stesso Mussolini a volerlo al suo fianco
negli anni della Repubblica Sociale Italiana. In questo
periodo i suoi manifesti divennero celebri icone per
l’Italia che non si era arresa e continuava a combattere. Si
racconta che il grande disegnatore abbia lavorato fino
all’ultimo, con i militi della SS italiana che facevano la
guardia intorno alla stanza in cui elaborava i suoi
progetti.
Il ruolo di grafico della
propaganda bellica e politica ed il grado di ufficiale delle
SS gli costeranno alla fine della guerra un processo. Viene
arrestato, incarcerato e processato per collaborazionismo
subendo, in seguito, l’epurazione e una sorta d’esilio
editoriale. Assolto per non aver commesso reati, resta
emarginato per alcuni anni, molti potenziali clienti hanno
paura della sua firma. Riprende la sua attività dal 1946
soprattutto con la grafica pubblicitaria cambiando
leggermente stile. Disegna alcune cartoline per il nuovo MSI
e per associazioni degli ex combattenti ma anche disegni
erotici molto espliciti per un editore inglese e per
l’editore francese Lisieux per il quale illustra “Teofilo il
satiro”. Anche dopo il Fascismo, Gino Boccasile disegnò
l’Italia: fu sempre lui, dopo aver avviato una sua agenzia
di grafica, ad invadere i muri delle città e delle campagne
con le pubblicità di quei giorni. Dal Formaggino Mio alla
lama Bolzano, dal Ramazzotti alle moto Bianchi, e poi ancora
il dentifricio Chlorodont, le calzature Zenith, la “Riunione
adriatica di Sicurtà”, lo Yogurth Yomo, i profumi Paglieri,
lo shampoo Tricofilina, tutto era firmato Boccasile.
Oltre alla
produzione pubblicitaria (ebbe noie censorie a causa del
manifesto della Profumi Paglieri con una ragazza a seno nudo
coperto in seguito da un velo o da ghirlande), Boccasile
disegnò per i settimanali
Incanto, Paradiso e La
Signorina Sette, dove ripropose le sue celebri
bellezze femminili. Fra i suoi ultimi lavori sono da citare
la bellissima conchiglia con rosa realizzata per il Maggio
di Bari del 1951. Morì prematuramente a Milano il 10 maggio
1952 per un attacco di bronchite e pleurite, mentre stava
illustrando Il Decamerone.
Completato da tavole di Albertarelli, Bertoletti, De Gaspari
e Molino il capolavoro di Boccaccio fu pubblicato dalle
milanesi Edizioni d’Arte nel 1955. Della morte dell’artista
si accorsero in pochi e molti addirittura si rallegrarono
per quel lutto. Era uno straordinario artista del disegno ma
anche un dannato che aveva scelto la parte sbagliata ed era
rimasto fedele alle sue idee.
Gino Boccasile merita di
essere conosciuto perchè ha insegnato l’arte di comunicare
col disegno e perchè i suoi manifesti hanno parlato meglio
di molti scrittori del suo tempo.
Opere:
Manifesti
da:
http://www.galleria.thule-italia.com