Non di solo barocco e' fatta Palermo.
C'e' anche una citta' modernista che tra la fine dell'Ottocento e
l'inizio del Novecento scelse l'art-nouveau per realizzare i teatri, le
ville e i palazzi di una borghesia che voleva sentirsi all'altezza della
vecchia aristocrazia cittadina .
Per sensazioni ed immagini lontane, di quando ci sono venuto per la
prima volta verso il 1930, spesso riesco a estrarre dal bellissimo caos
che e' Palermo una citta' essenzialmente liberty, quasi una piccola
capitale dell'art-nouveau". Queste parole dello scrittore siciliano
Leonardo Sciascia ci raccontano come doveva essere la citta' molti anni
fa, accendendo il desiderio di andare a verificare quanto sia andato
perduto e quanto invece sia sopravvissuto con il compito di tramandare
la memoria di un mondo scomparso. Chi giunge a Palermo potra' sentire
ancora oggi gli echi di una citta' che, tra la fine dell'Ottocento e
l'inizio del Novecento, aveva scelto il modernismo, la cosiddetta art-nouveau, per realizzare opere che mostrassero la ricchezza e il
prestigio di una borghesia imprenditoriale in ascesa. Una classe che
intendeva costruire teatri piuttosto che chiese, e poi palazzi e ville
all'altezza di quelle dell'antica aristocrazia. Ecco il liberty. Si
mostra glorioso negli interni del Teatro Massimo ai quali lavoro'
Ernesto Basile che diresse i lavori dal 1891, anno della morte del padre
Giovan Battista Filippo ideatore del progetto iniziale, o nello
splendido salone di
Villa Igiea affrescato da Ettore De Maria
Bergler in una esplosione di fanciulle in fiore tra iris, papaveri e
melograni.
Ma effigie di uno stile che rappresenta meglio di ogni altro
un modo di vivere, e' anche il ritratto di Franca Florio come ci giunge
attraverso la pennellata rapida, eccentrica del pittore
Giovani Boldini.
Il quadro, oggi perduto, e' noto soltanto attraverso alcune
riproduzioni. Sembra che sia stato rifatto da Boldini per ben due volte:
a Ignazio Florio non piaceva l'aria lasciva che il pittore aveva
attribuito a sua moglie, splendida e ammiratissima figlia del barone di
San Giuliano. Bisogna ammettere pero' che anche nella seconda versione
Donna Franca appare in tutta la sua sensuale bellezza. Ha uno sguardo
perso a immaginare chissa' cosa, uno scollatissimo abito che pare
decorato con inserti tratti da un repertorio di stoffe art-nouveau, e
porta al collo il suo celeberrimo filo di perle lungo sette metri. La
stessa collana che indossa in una foto scattata nel 1904 mentre riceve
l'Imperatore Guglielmo II nel parco della sua casa, appena rinnovata,
all'
Olivuzza.
Proprio nel
Villino Florio,
costruito soltanto quattro anni prima della visita del kaiser in
Sicilia, sono presenti le caratteristiche essenziali dell'architettura
di Ernesto Basile che del liberty palermitano e' l'esponente principale.
E in questo inventatissimo e scenografico edificio, tutto scale,
torrette, archi e avancorpi, Basile mostra il suo amore per la cultura
gotica e rinascimentale siciliana ma anche un sincero adeguamento alla
corrente internazionale modernista. Gli interni, purtroppo distrutti nel
1962 da un incendio, avevano parati, mobili, lampade e scaloni disegnati
da Basile e realizzati dalla ditta
Golia-Ducrot, uno dei connubi piu'
proficui delle arti applicate del periodo. Tanto da rappresentare quanto
di meglio potesse esprimere l'Italia all'Esposizione Internazionale
d'Arte Decorativa di Torino del 1902. Oggi gli stabilimenti delle
Officine Ducrot si chiamano Cantieri Culturali alla Zisa
e ospitano,
all'interno degli antichi capannoni restaurati, mostre di arte
contemporanea, spettacoli di danza e teatro, convegni e manifestazioni
culturali. Che i Florio, la piu' importante famiglia di industriali
della Palermo fin de sie'cle, amassero questo tipo di decorazione e'
evidente poi nella scelta di affidare a Rene' Lalique, uno degli
esponenti piu' celebri dell'art-nouveau parigina, lo stemma per la I
Corsa automobilistica Internazionale del Circuito di Sicilia, la
gloriosa Targa Florio.
L'avvio alla stagione liberty palermitana lo aveva comunque dato Giovan
Battista Filippo Basile definito piu' tardi da Ernesto "artista
liberissimo e iniziatore di uno stile libero"- nel 1889 con il progetto
di
Villa Favaloro in Piazza Virgilio. Una linea curva e sinuosa che
costruisce e decora nello stesso tempo, una grande varieta' di soluzioni
che non esclude una meditazione sull'arte del passato, l'armonia tra la
struttura e l'ornamento che devono esaltarsi a vicenda: e' questa
l'eredita' che Ernesto riceve dalla leggera e fresca bellezza di Villa
Favaloro. La mette in pratica progettando, anni dopo, una torre che
amplia la costruzione, coronata da una decorazione di foglie di viti e
grappoli d'uva stilizzati. Siamo in pieno clima floreale.
Ci si domanda
poi quanta influenza abbiano avuto nello sviluppo del liberty
palermitano gli studi di botanica di Giovan Battista Filippo,
soprattutto avendo ben chiaro l'uso che viene fatto del mondo vegetale e
di quello animale dal figlio e dai suoi epigoni, i quali attingono alla
natura utilizzandola come un un ricchissimo repertorio di ispirazioni.
La cancellata del giardino Garibaldi in Piazza Marina e' modulata dalla
sagoma di uccelli innaturalisticamente allungati. Teste di leoni dalle
criniere stilizzate inquadrano le finestre del palazzo cinematografico
Finocchiaro, quasi un epilogo della stagione. Sono soprattutto fiori e
foglie a comporre gli inserti decorativi in vetro o in ceramica che
arricchiscono gli edifici.
A volte come in Casa Li Vigni, in via Juvaro,
sul portone si intrecciano spighe oppure la decorazione floreale si
esprime nel ferro battuto dei balconi come quello tutto ranuncoli di
casa Gregorietti in Via Garzilli. Questa strada costeggia Via Liberta',
l'arteria ottocentesca tardo-ottocentesca dove secondo un cronista
dell'epoca "dopo ogni pranzo, sia di estate o d'inverno, sfilano nei
loro eleganti equipaggi le dame e le fanciulle delle due aristocrazie
del blasone e del denaro". E in questa zona, tra eleganti negozi e nuove
palazzine, e' possibile scovare alcune preziose sopravvivenze liberty.
Sempre in Via Garzilli si incontrano il portone intagliato e il
cornicione fiorito di Palazzo Paladino e il portone decorato da inserti
in ferro battuto di casa di Pisa.
Palazzo
Dato,opera di Vincenzo Alagna, in Via XX
Settembre colpisce per il suo cromatismo rosso e giallo, molto diverso
dal bianco o dal grigio impiegato solitamente, mentre in Via XII Gennaio
il prospetto di Palazzo Failla e' tutto un fluire di linee intrecciate.
A pochi metri, in Via Siracusa, si trova la casa che
Basile junior costruì per sè e la sua famiglia: il
villino Ida, oggi sede della
Soprintendenza ai monumenti. E' una costruzione molto semplice,
arricchita da maioliche colorate in giallo e in blu - i timbri tipici di
questa terra - e da ornamenti in ferro battuto.
Caratteristica dell'arte
nuova e' quella di invadere ogni campo creativo. Dai mobili alle stoffe,
dai gioielli ai vetri, dalla porcellana all'argento: tutto si sottomette
alle esigenze del nuovo gusto. Così troviamo le vetrate realizzate da
Pietro Bevilacqua nella torretta di Villa Caruso progettata da Filippo
La Porta, oppure il mosaico che splende sulla tomba della famiglia
Raccuglia nel cimitero di Sant' Orsola, esempio modernista di arte
funeraria. Ecco inoltre l'eleganza che si esprime in archi, volute,
finte colonnine e capricciose coperture dei
chioschi disseminati in
città: incantano lo sguardo sia i due che incorniciano la facciata del
teatro Massimo - oggi adibiti a tabaccherie - che quello in Piazza Castelnuovo.
Ma forse la sorpresa piu' bella e' quella che si prova
girando tra le bancarelle del mercato del Capo davanti al pannello in
mosaico di un panificio in Piazza Sant' Anna, dove e' una figura che
sembra la risposta italiana alle immagini femminili dipinte da Klimt, o
dagli esponenti della corrente inglese preraffaellita. Angelica,
idealizzata, come sono sempre le donne liberty. Nel bene e, soprattutto,
nel male.
E' doveroso menzionare
La Fondazione Thule Cultura di Palermo per la bellissima e ricca collezione d' arte
Liberty.